Il benessere lavorativo dopo la ripartenza:
un viaggio da fare insieme.

Ai blocchi di partenza della fase 3, siamo partiti al via  senza sapere esattamente che gara stavamo correndo. Abbiamo un’idea del   traguardo, ma non ci sono regole chiare, sappiamo che incontreremo ostacoli ma non conosciamo ancora quali. Molti paragonano la ripartenza dopo il lockdown a quella del dopoguerra: se anche solo per un momento volessimo rimanere nella metafora, ci accorgeremmo che  le rovine con cui ci troviamo a fare i conti sono soprattutto macerie emotive, economiche,  sociali e umane, dove l’incertezza è l’unica evidenza.

In questo scenario, ora che stiamo vivendo un cauto ritorno alla normalità ci accorgiamo che il lavoro è la vittima silenziosa di questa pandemia, dobbiamo farci i conti tutti. Non solo chi l’ha perso o lo sta perdendo, ma anche  chi il lavoro ce l’ha, perché nulla è più come prima.

Il cigno nero è irrotto nelle nostre vite e ha cambiato le regole del gioco.

Ha senso parlare di benessere organizzativo e di welfare aziendale proprio ora?

Mentre le imprese si affannano a cercare soluzioni economiche, organizzative e tecnologiche per la ripartenza, i lavoratori sono sempre più disorientati di fronte all’emergenza, da chi si è trovato improvvisamente in prima linea (pensiamo al personale sanitario e dei servizi essenziali) a chi ha dovuto improvvisarsi smartworker  tra le mura domestiche, trovandosi magari ad affrontare contemporaneamente il ruolo di lavoratore agile con quello di genitore altrettanto agile, diventato esperto di trasformismo  tra i diversi abiti da indossare  simultaneamente.

E dunque, ora che in questo scenario quasi apocalittico il benessere lavorativo sta diventando quasi un miraggio, ha ancora senso parlarne?

Certo non avrebbe più senso pensare al welfare con lo stesso approccio ante Covid: molti dei benefit pensati in tempi normali sarebbero inservibili o addirittura fonte di rischio sanitario, come ad esempio viaggi, palestre, centri benessere. La crisi economica potrebbe mettere a rischio perfino i premi di produzione o altri benefit tangibili.

Le esigenze  sono indubbiamente cambiate: prima di poter parlare di benessere occorre rimettere in funzione la macchina organizzativa, a partire dalla sicurezza. La ripartenza deve poi passare necessariamente da innovazioni tecnologiche e da nuovi modelli organizzativi, che siano in grado di mantenere la capacità produttiva nei nuovi contesti socio-economici.

Tuttavia, per poter parlare di nuovo di benessere lavorativo, occorre rileggere il contesto e ripensare a quali sono i nuovi bisogni: perché le innovazioni tecnologiche e organizzative siano efficaci, occorre prima di  tutto ristabilire un contatto di fiducia e flessibilità coi lavoratori. Occorre  mettere in scena l’innovazione sociale nel rapporto lavoratore-datore di lavoro. La lunga sospensione della normale vita aziendale  ha indubbiamente modificato le relazioni personali e professionali, richiedendo un riassetto, una verifica dei presupposti per la ripresa della relazione lavorativa.

Il viaggio verso il benessere lavorativo è un viaggio da fare insieme all’interno dell’impresa, il biglietto per partire è l’ascolto. E non sarà un mezzo ad alta velocità che ci porterà a destinazione.

Le strade del benessere lavorativo e del welfare sono sentieri sterrati da percorrere a piedi, passo dopo passo, verso una meta che  non sarà più un miraggio, ma un traguardo da raggiungere insieme.

Questi sentieri hanno un nome: sicurezza, partecipazione, fiducia.

Le imprese hanno l’occasione, dettata dall’emergenza, per accorciare le distanze coi propri lavoratori con un cambio di paradigma della propria cultura organizzativa. La risposta dei lavoratori potrebbe essere sorprendente, innescando comportamenti virtuosi  di coesione alla visione aziendale che li trasformerebbero da dipendenti a contributori nella creazione del valore dell’impresa.

Eccolo il welfare a km 0, il benessere lavorativo iso risorse.

Gli unici investimenti richiesti sono il tempo e l’ascolto, il risultato atteso un ecosistema lavorativo che mette al centro la persona.

Per ripartire insieme.

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